“Per l’alto mare aperto”, di E. Scalfari

Grandissimo protagonista della storia del giornalismo italiano, Eugenio Scalfari racconta ai suoi lettori il suo viaggio “Per l’alto mare aperto” e regala ai cittadini di Partenope una cortese dedica. Questa sua ultima opera può essere considerata un “breviario civile, metafisico e morale” per ripercorrere la lunga evoluzione della modernità, i suoi splendori e, infine, il suo declino.

“Io non so perché ho deciso di librodedica_scalfariscrivere questo libro. Pensavo di aver chiuso con le pagine bianche da riempire con tremolante scrittura che non parla di fatti ma di pensieri. Invece ho dovuto. Questo libro non è una libera scelta, ma una necessità. Ho sentito d’essere chiamato a testimoniare una nascita, un viaggio, un declino. E poi un finale, un gran finale”. Il titolo del libro è una citazione dantesca, un verso dell’Inferno che Dante fa pronunciare ad Ulisse. Non a caso. Il gusto del viaggio – inteso come scoperta – e una profonda curiosità, per il mondo e per l’uomo, sono stati alla base di un’intensa attività giornalistica, di un forte impegno civile e del gusto per la riflessione, per non perdere la rotta in questo stravolgente caos che è la “modernità contemporanea”.

Per l’alto mare aperto è il racconto di quattro secoli di modernità, attraverso
opere, citazioni e conversazioni che hanno indelebilmente segnato il suo vissuto, partendo dagli Essais di Montaigne, passando per il Romanticismo leopardiano e concludendo con due grandi testimoni consapevoli della fine dell’epoca moderna, Italo Calvino e Eugenio Montale. La modernità – scrive Scalfari – è stata sconfitta dall’invasione dei nuovi barbari, i contemporanei, “frutto di una mutazione genetica”. Però “la storia non finisce, un’altra epoca nascerà come è sempre avvenuto finché l’homo sapiens riuscirà a guardare il cielo stellato e a cercare dentro di sé la legge morale. A me questo viaggio dentro l’epoca è sembrato un sabba, non di diavoli e di streghe, ma di anime e di stelle danzanti”.

Nel viaggio di Scalfari, dunque, non c’è rimpianto né nostalgia. Per l’alto mare aperto vuole essere il filo di Arianna di una generazione, non per tracciare e ripercorrere la strada all’indietro verso il passato, ma per comprendere come si è arrivati alle soglie di questo futuro.

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